Ecuador 5

Pubblicato da Giant Trees Foundation il 25 Aprile 2019
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Tra l’altro in questi mesi avevo anche conosciuto due componenti che, per insolite strade, si sarebbero uniti a noi e avrebbero fatto parte della spedizione.

Davide mi aveva chiamato subito dopo la Tempesta Vaia “Vorrei girare un film sull’alluvione e sugli alberi caduti, ma vorrei anche parlare con qualcuno che ne capisce. Hai un attimo per incontrarci e parlarne?”

Ci eravamo trovati in un bar vicino a Sappada, avevamo appena riempito con gli alunni di una scuola un tir con le cime degli alberi caduti per la raccolta fondi per la Carnia. “Vorrei qualcuno che ci aiuti a capire che cosa è successo e come si può rimediare, ho visto il progetto della vostra fondazione e mi sono incuriosito” “Non so se sono la persona giusta, ma se vuoi puoi venire da noi qualche giorno”. Era venuto alla Tana, il nostro quartier generale e la mia casa e si era fermato per qualche giorno. Avevamo parlato di alberi, di cuore, di clima, di passione, di scienza e di nulla. “Forse sei l’uomo che cerco”. Ci aveva accompagnato tra la neve di Ampezzo con la sua telecamera a vedere ciò che restava dei nostri boschi, a raccogliere il grido dei tronchi schiantati e poi era tornato a Bolzano.

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“Devo filmare Aron Demez che con il legno caduto e braccio meccanico scolpisce il dolore degli uomini, ma tornerò”. Alla fine gli avevo raccontato anche della spedizione in Ecuador e di come, secondo me, fosse intimamente legata ai milioni di alberi sradicati e schiantati delle nostre foreste. “Se vuoi vi accompagno”. “Un documentarista non ci sta male. Sai quanto può essere rischioso, ma se vuoi vieni”. Non c’erano state molte parole, ma la sensazione che ci fossimo capiti e che Davide riuscisse a tirar fuori da me i miei pensieri più nascosti sugli alberi e sul mondo, con quel suo modo delicato e silenzioso di porsi, mi faceva ben sperare e propendere per una fiducia quasi incondizionata.