Il nuovo Principe

Pubblicato da Giant Trees Foundation il 20 Ottobre 2018
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"Ragazzi, forse abbiamo trovato il nuovo Principe"

"il nuovo albero autoctono più alto d'Italia, al posto dell'Avez che abbiamo commemorato pochi giorni fa. Ed è proprio qui. In Friuli. Sui monti sopra Paularo." Tutto era cominciato con un giro d'ispezione assieme a due miei colleghi della Forestale. Lavinia aveva insistito tutta l'estate perché andassi con loro. "Abbiamo trovato degli alberi meravigliosi. devi assolutamente vederli". In effetti, dopo due ore di cammino sui monti sopra Paularo, prima di Casera Forchiutta, ci eravamo imbattuti in parecchi alberi: abeti bianchi, abeti rossi, larici e faggi che avevano tutte le caratteristiche per rientrare nei criteri di "Albero Monumentale". 

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Ma scendendo di nuovo verso Paularo, avevamo incontrato forse gli esemplari più imponenti e belli,

proprio sopra il costone che divideva la proprietà regionale da quella del Consorzio Boschivo. In mezzo a porcini e amanite, come mai ne avevo visti in vita mia, gli abeti crescevano diritti e vertiginosi. Dopo aver misurato molti alberi da oltre 40 metri di altezza, splendidamente conformati e vigorosi, stavamo oramai uscendo soddisfatti dal bosco, quando ho visto, proprio vicino ad un grande masso squadrato, incorniciato da altri abeti, un abete vigoroso, nel fiore della maturità, svettare oltre le cime del bosco. Avevo inutilmente provato a misurarlo, senza riuscirci, poiché le chiome degli altri alberi me lo impedivano. Ma in cuor mio intuivo e speravo che fosse un albero da record. Per cui bisognava assolutamente tornare con corde e moschettoni per misurarlo scalandolo fino alla sommità. Poteva essere l'albero più alto del Friuli, finalmente arrivare oltre i fatidici 50 metri. O addirittura, oltre i 52. E diventare il nuovo Principe. Avevo così coinvolto i ragazzi della Giant Trees Foundation, la nuova generazione di esploratori, per tornare a misurarlo. In realtà, come sempre,nella mia fretta, non avevo dato alcun preavviso, per cui la successiva domenica, solo Giulio, a cavallo della sua moto, si era presentato di buon mattino. "Te la senti? andiamo solo io e te?" "Certo" ha risposto spavaldo il ragazzo "carichiamo le moto e partiamo". "Proviamo il nuovo kit di arrampicata ultralight?" "perché no". 

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Alle nove avevamo tutto pronto sulle moto

e alle dieci eravamo in piazza a Paularo a bere il caffè. Siamo avvivati con le moto fino all'imbocco del sentiero, ci siamo caricati degli zaini e siamo partiti con la speranza di misurare un nuovo campione. Ma dopo due ore di cammino in salita, dopo aver perso e ritrovato più volte il sentiero, cominciavamo a perdere le speranze non solo di misuralo, ma anche di ritrovarlo. In realtà avevamo percorso a ritroso il sentiero fatto con le guardie forestali per cui non me lo ricordavo bene. Secondo i miei calcoli dovevamo arrivare all'abete in meno di venti minuti, mezz'ora al massimo, per cui era davvero troppo tempo che eravamo in cammino. "Torniamo indietro, siamo saliti troppo". Ma non riuscivo ad arrendermi all'idea di non trovarlo. Percorrevo così a zig zag tutto il costone, quasi correndo, nella furia di recuperare il tempo perso e trovare l'albero. Giulio mi teneva dietro a fatica. Ma anche io cominciavo ad essere stanco. L'attrezzatura pesava sulla schiena e il cielo cominciava ad annuvolarsi. Misuravo continuamente gli alberi col laser, anche se sapevo che non erano altissimi, quasi a cercare un'indicazione, un gruppo più alto, un suggerimento. Niente. L'avevo perso. Oramai eravamo tornati di molto sui nostri passi ed ero quasi rassegnato. Incontrammo un gruppo di alberi più alti. Giulio, quasi a volermi rincuorare, o solo per poter fare una paura, mi disse tra un respiro affannoso e l'altro "Secondo me ci siamo". Mi girai a guardarlo, avevo sentito la sua stanchezza sopra la mia, e forse era giusto mollare. Ma non vidi lui. Oltre la sua spalla un grosso masso, due abeti giovani, non molto alti, che si slanciavano verso la luce. In mezzo a loro c'era lui. Ne ero sicuro. Tolsi lo zaino e lo guardai senza dire una parola. Giulio si girò e anche lui poggio a terra lo zaino senza distogliere lo sguardo dal grande abete bianco. "E' lui. dai cominciamo". (continua...)