Trasformare un disastro in una occasione

Pubblicato da Giant Trees Foundation il 6 Novembre 2018
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Trasformare un disastro in una occasione

La GTF è una fondazione italiana nata per difendere e salvaguardare i grandi alberi in tutto il mondo.

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Ma la tragedia che ha investito il nostro Paese in questi giorni e nello specifico il Friuli, dove la Fondazione è nata, con eventi climatici di proporzioni disastrose che hanno spazzato via intere foreste con milioni di metri cubi di alberi distrutti deve farci riflettere profondamente.

Ho parlato con molti friulani, che piangevano davanti ai loro boschi disastrati, che erano rimasti per giorni senza acqua potabile e luce, isolati, con un sistema di comunicazione ancora profondamente stravolto. Alcuni hanno perso la loro casa, scoperchiata da venti con folate di quasi 200 km orari, ma nessuno si è voluto piegare di fronte agli eventi e alla fine tutti mi han sussurrato: “però siamo stati fortunati. Non si è fatto male nessuno”.

Purtroppo nel resto del paese qualche morto c’è stato e la gravità del fenomeno atmosferico che ci ha colpito e le sue ripercussioni sul nostro sistema di vita ci devono costringere ad un rapido cambio di rotta. Oramai qualsiasi fenomeno atmosferico è strettamente interconnesso col nostro modo di vivere e può portare inaspettate ripercussioni sul territorio in cui viviamo, interferendo sul nostro sistema idrogeologico, alterando la stabilità e la funzionalità delle nostre foreste, distruggendo in un attimo il nostro sistema di trasporto e di comunicazione, e alterando la possibilità di distribuire energia ed acqua potabile con conseguenze che potrebbero rivelarsi gravissime anche sul sistema sanitario. Dobbiamo fare i conti con questa realtà.

Ma non è un fatto eccezionale. Non possiamo nasconderci dietro alla natura maligna, alle perturbazioni straordinarie o agli alberi pericolosi.

E' solo un ulteriore avviso, che ancora il Mondo naturale si degna di inviarci. Lo abbiamo sfruttato troppo: abbiamo consumato suolo utile a velocità vertiginose, cementificando, costruendo, desertificando. Continuiamo a tagliare o a uccidere foreste vergini per ricavare legname di pregio o creare nuovi pozzi petroliferi, senza pensare alle conseguenze che la deforestazione comporta. Abbiamo reimpiantato nuove foreste su suoli non adatti, piantando boschi monospecifici e coetanei su suoli sdrucciolevoli. Nelle nostre città abbiamo incanalato fiumi in alvei di cemento, dimenticandoci di curare il loro percorso fin da dove nascono. Siamo venuti a vivere in città perché vivere in montagna è difficile e duro ma così abbiamo lasciato incolti e non gestiti interi territori montani, intere foreste, migliaia di piccoli torrenti, interi versanti montuosi, che si erano “abituati” alla cura puntuale e preziosa dell’uomo “montanaro”, “boscaiolo”, “malgaro”.

Non è un evento eccezionale il disastro che ci ha colpito, il dramma cui stiamo assistendo. E' successo spesso nei milioni di anni che ci hanno preceduto. Spesso “Gaia” ha scelto catastrofi per ricrearsi e adattarsi.

I continenti, le montagne, le valli, le colline, i mari, le foreste, i vari ecosistemi si sono formati in seguito a .terremoti, esplosioni vulcaniche, placche tettoniche che si muovevano, incendi disastrosi, trombe d'aria, glaciazioni. Le tragedie naturali sono sempre accadute. E alcune sono state di dimensioni così globali che hanno causato anche, nel volgere di qualche migliaio di anni, a ben 5 estinzioni di massa.

Ma ora è l'uomo, forse l'essere più intelligente di questo vivo pianeta, che ha esagerato con la sua superbia. Ha pensato di conoscere perfettamente le leggi che regolano il mondo, si è convinto di saperle piegare alla sua avidità, alla sua sete di danaro e potere. E ha abusato delle risorse che l’intero pianeta gli ha messo a disposizione, tanto da portarlo già all’inizio della sesta estinzione di massa. La più drammatica e veloce di tutte. E della quale l’unico responsabile che si può individuare è solo l’uomo.

Ma ora "Gaia", questo pianeta vivo che chiamiamo Terra, semplicemente non ci sta. E ce lo fa sapere con il metodo che ha sempre adoperato per ristrutturarsi ed adeguarsi, per riportarsi ad un nuovo equilibrio. Infatti quelle che noi chiamiamo “catastrofi naturali” in realtà non sono altro che la modalità che il nostro pianeta usa per ritararsi, ma, se facciamo un po' di attenzione, costituiscono anche il potente mezzo con cui Gaia ci avvisa che il nostro tempo è scaduto. O per lo meno, è scaduto il tempo dell’abuso e del prelievo indiscriminato di materie prime utili alla vita, non solo dell’uomo, ma di tutti gli esseri viventi, e quindi della terra tutta.

Sono convinto che non abbiamo più molto tempo per correre ai ripari, per cercare di rimediare ai disastri che soprattutto negli ultimi 100 anni abbiamo fatto a questo povero e indifeso ma incredibilmente splendido e reattivo pianeta che ci fa vivere. E come spesso afferma il nostro più illustre membro del comitato scientifico, Stefano Mancuso, dobbiamo imparare dagli esseri che persistono e resistono in vita, grazie alla incredibile resilienza che li distingue, da più lungo tempo su questo pianeta: gli alberi”

La GTF ritiene quindi che la salvaguardia intelligente e accorta delle foreste, e quindi del territorio in cui vivono, degli alberi giganti e del secolare sapere che custodiscono è perciò il primo e più importante passo per salvare la Terra e quel piccolo popolo che ne fa parte: l’Umanità. Ma questa specie, così invasiva e spregiudicata, deve ritrovare l’umiltà per capire che è un ospite su questa Terra: Non ne è il padrone indiscusso e incontrastato. E come ospite deve convivere e imparare a rispettare tutti gli altri esseri che ne costituiscono l’essenza originaria.

Questo vogliamo affermare con la nostra presenza a tutti i tecnici che si questa settimana a Torino per il IV Congresso Nazionale di Selvicoltura. Ma questo è il messaggio vogliamo far comprendere a tutti, potenti e semplici abitanti del mondo, perché ognuno è responsabile del suo piccolo pezzetto di "Terra".

Possiamo trasformare il disastro in una occasione!

Nel nostro piccolo per esempio abbiamo valutato che in Friuli Veneto e Trentino Alto Adige sono caduti o rimasti danneggiati oltre 100.000 alberi, di cui almeno un 1/3 sono abeti rossi, i cosiddetti alberi di Natale . Si può stimare quindi che per almeno 10.000 di questi abeti rossi si possano recuperare le punte per farne alberi di natale anziché lasciarli in bosco a marcire o destinarli alla produzione di legna da ardere o pellet .

Di queste punte si potrebbe certificare la provenienza e gli italiani potrebbero perciò da un lato sostenere le popolazioni danneggiate dal maltempo e dall’altro evitare che vengano tagliati altri alberi. Festeggiare il Natale con un albero “caduto” potrebbe quindi diventare una forma di solidarietà ma anche creare una più elevata sensibilità ecologica o per lo meno stimolare alla riflessione.

La regione Friuli Venezia Giulia, una delle regioni più colpite da questi ultimi eventi climatici, quest’anno dovrebbe anche regalare al Papa l’abete di Natale.

Per questo motivo, come Fondazione, abbiamo pensato che sarebbe un grande segnale da parte della nostra Regione portare a Roma uno dei grandi abeti rossi caduti, anche se forse parzialmente martoriato. In questo modo rispettando lo spirito dell’enciclica papale “Laudato sì”, non andremmo ad abbattere un ulteriore albero. Inoltre regaleremmo al Papà un simbolo dei Friulani che hanno sempre saputo trasmutare le loro tragedie in una occasione di vita, come già avevano dimostrato col terremoto nel 1976 ed in tantissime altre occasioni drammatiche della loro storia e come d'altronde stanno dimostrando anche ora.