Fulmini - Quercia - Pasqua

Pubblicato da Giant Trees Foundation il 1 Aprile 2018
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È la vigilia di Pasqua. Mi sveglia un forte temporale. La grandine scende impetuosa sul tetto. Guardo fuori. Tutto bianco il prato. La pioggia impedisce la vista talmente è concentrata. Un rombo vicino mi richiama. Osservo l’abete che oscilla al vento­­­­­­. “Se un fulmine lo colpisse?”. Scendo. I cani sono spaventati. Li saluto e accendo tranquillo il fuoco. Oggi ci si rintana in casa. Preparo la moca per il caffè. Suona il cellulare. Sindaco di Fossalta, leggo sul display. “Vorrà farmi gli auguri? Alle otto e trenta?”, penso intanto che automaticamente rispondo. “Buondì dottore. Giannino mi ha avvisato che un fulmine ha appena colpito la quercia di San Antonio. Il fumo esce dalla branca più grossa. Stanno arrivando i vigili del fuoco”. Parla concitato. So quanto ci tiene alla Vecja. “Arrivo”. “Grazie”. Faccio uscire i cani, prendo il mio cappellaccio australiano di cuoio che mi fa da ombrello e salgo in auto. I cani mi guardano disperati. “Ma come? Ci lasci ora? Con tutto questo temporale?”. Sono già fuori dal portone quando grido loro “Andate sotto la tettoia! Dai! Arrivo presto” e ingrano la marcia sotto la pioggia battente.

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Ho almeno un’ora di strada. Le ha passate proprio tutte la vecchia quercia di Fossalta in oltre 500 anni. “Fulmini, rotture, fuochi, tagli di radici, tagli di rami. E sempre è risorta a nuova vita. Ma questa volta? Il fuoco divora la branca vecchia che avevamo puntellato perché non crollasse al suolo, il fulmine ha colpito il cuore cavo del vecchio gigante. Resisterà? Oppure arriverò solo per assistere al suo crollo?”. Pensieri si accavallano nella mente. Da oltre 20 anni seguo la “vecchia signora” e ancora una volta accorro al suo capezzale. “Come un figlio che corre dalla madre ammalata. Cosa potrà fare? Se non essere lì? Se non esserci e dimostrargli il suo amore? Quanti medici in centinaia di anni sono corsi al capezzale di loro amici, figli, madri, sorelle, e nulla hanno potuto se non aspettare la morte? Se non vederli morire?. Ma è quasi Pasqua – mi dico –. Non può essere. È solo un segno. Il legno, la croce, il fulmine, la resurrezione. È appena primavera. Non può essere”. Spingo sull'accelleratore. Come potessi fare qualcosa io, come potessi essere indispensabile. “Ciao Giannino, guarda sto arrivando, sto correndo!”. “Ti passo il responsabile dei vigili del fuoco”. “Buongiorno dottore, qui il fumo, che esce da una grossa cavità, sembra diminuire, ma stiamo bagnando la zona e abbiamo inserito la lancia nel foro. Cosa dobbiamo fare?”. “Sto arrivando, ancora mezzora, continuate a bagnare da dove esce il fumo. Mi raccomando, se potete, non tagliate nulla”. “Tranquillo dottore, l’aspettiamo”. Vorrei un caffè, un qualcosa da mettere sotto i denti. Non avevo previsto questa vigilia. Continuo a correre sotto la pioggia incessante

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Da lontano vedo la scala dei vigili appoggiata al grosso ramo, l’autobotte parcheggiata poco lontano. Tanta gente che guarda. Scendo di corsa. Piove meno, ma inforco il cappello. Saluto il Sindaco Sidran, Giannino, il custode della grande quercia, che ogni settimana posta su facebook una foto dalla medesima posizione per aggiornarci dello stato della Vecja, vado incontro al capo dei vigili del fuoco. Nel mentre guardo la grande pianta. Rannicchiata sulle sue ginocchia come una vecchia ma che tende ancora le braccia al cielo. Il fumo esce cospicuo dalla grossa branca. “Posso salire?”, chiedo al responsabile dei vigili. “Non può usare le nostre scale. Mi spiace. Non riusciamo ad entrare con la lancia nella cavità. Abbiamo un’altra chiamata e abbiamo finito l’acqua. Se lei si ferma qui torniamo tra un’oretta. Per ora la situazione sembra sotto controllo”. “Ok perfetto. Grazie. Signor Sindaco è possibile avere intanto l’autoscala così salgo a valutare la situazione?”. “Certo ora chiamo, ma, secondo lei?”. “Penso che occorra entrare più a fondo per spegnere le braci che ancora sono attive nel centro del ramo”. “Abbiamo una ditta di autospurghi che potrebbe avere una sonda adatta” .“La chiami e se è disponibile la faccia venire”. Il Sindaco si attiva immediatamente mentre io continuo a girare attorno alla Vecja osservando dove il fulmine l’ha colpita, dove ci sono le ferite, dove sono presenti i focolai di fumo. Entro da sotto nel suo enorme corpo cavo e ispeziono il legno. La grande frattura che avevo scoperto due anni fa sembra essersi ulteriormente allargata. Scalo il fusto dall’interno. L’acqua spinta dai pompieri nelle cavità percola dalle crepe. Il fulmine ha anche lesionato l’ultima branca sana, uscendo da un moncone che si era seccato. Mi torna in mente la quercia delle Checche. “Andrea, i monconi sono la via preferita dai fulmini… non c’è nulla da fare. Vanno tagliati”. Mi spiego le cose tra me e me mentre le mie mani si aggrappano al vecchio tronco, ricoperto di muschio e di tannino.

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“Giannino posso avere un caffè?”. “Certo ora preparo”. È sempre prontissimo e attento il caro Giannino. Guai se non ci fosse a osservare quotidianamente la vecchia quercia. Bevo il caffè di corsa. Arriva la piattaforma aerea del Comune. I tecnici la posizionano. “Posso salire?”. Con un cenno guardano il mio casco-cappello. “So che non è a norma, ma nella fretta ho lasciato tutta l’attrezzatura in studio”. Salgo senza aspettare risposta. È una questione di vita o di morte per la mia vecchia quercia. Mi avvicino alla cavità all’incrocio dei rami. Un tempo c’era un grosso nido di grosse vespe (Vespa crabro) proprio in quel foro. L’avevo rimosso per evitare rischi alle persone. Ma il grosso foro era rimasto aperto. Non so bene perché, ma ho la sensazione che fosse proprio quello l’epicentro dell’incendio della grossa branca. Guardo dentro. Non vedo nulla. Infilo senza pensarci tutto l’avambraccio. Un forte caldo invade la mano. Una piccola brace accesa mi cade sul polso. Ritraggo la mano con pezzi di legno fumanti tra le mie dita. Il foro più in alto, da dove i pompieri immettevano colonne d’acqua riprende a fumare. “Ok sei proprio qui”, penso sorridendo per la giusta intuizione. Reinfilo la mano e scavo tra la cenere, il legno morto, bruciato e i resti di cera e cellulosa del vecchio nido. Nel mentre da lontano vedo arrivare di nuovo l’autobotte dei pompieri e quasi subito quella della ditta di idrospurghi. Scendo dal cestello. Ora è tutto chiaro. “Occorre infilare, nella cavità più bassa che ho appena esplorato, la sonda con lo speciale ugello che avanza pulendo e spingendo sulle pareti”, spiego ai vigili del fuoco e al responsabile della ditta di idrospurghi. Tutti si attivano e seguono le indicazioni. Due pompieri infilano la sonda e la spingono verso l’alto. La particolare conformazione degli ugelli permette l’avanzamento dentro il ramo cavo, tanto che in poco tempo esce dal foro superiore sputando acqua e fumo ovunque. L’operazione viene ripetuta più volte. Alla fine l’acqua scende pulita dalla cavità e non fuoriesce più fumo. Il fuoco è spento. Per il momento la quercia è salva. Occorrerà verificare più avanti i danni meccanici e fisiologici. Ma la vecchia quercia è ancora in piedi. Giannino e tutto il vicinato, il Sindaco Natale Sidran, i Vigili del Fuoco, la Polizia Municipale, il responsabile della ditta di autospurghi, i tecnici comunali, oltre 20 persone, sono accorse al capezzale della vecchia quercia incendiata dal fulmine, sotto la pioggia, di prima mattina, alla vigilia di Pasqua. Ci guardiamo tutti felici. Il fuoco è spento. La quercia per ora è salva. Ci scambiamo calorosi auguri e tutti ci dirigiamo ai nostri mezzi salutando la Vecja. Di certo Giannino veglierà su di lei.

Io mi allontano sulla mia auto, guardo alcuni alberi drasticamente mutilati da qualche giardiniere incompetente e non posso fare a meno di paragonarli con l’immenso amore che, alla vigilia di Pasqua, ha raccolto così tante persone diverse, sotto la chioma di una vecchia quercia per cercare di salvarla. Forse la Vecja sopravviverà ancora solo per dimostrarci quanto siano resilienti i vecchi, gli alberi e la natura. Seduta e attorcigliata sulle sue ginocchia. Bruciata dal tempo e corrugata dal vento. Ancora germoglierà. Un anno o mille non importa. Domani è Pasqua di Resurrezione. Mentre tengo il volante guardo le mie mani sporche di cenere, fumo e legno bagnato. Ascolto il loro odore. Un buonissimo profumo di legno vecchio affumicato mi invade. Ricordo di incenso. Sorrido e corro sotto la pioggia.


Andy