Riflessioni di mezz'estate

Pubblicato da Giant Trees Foundation il 17 Agosto 2021
Articolo
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Anche la seconda Forest Summer school si è conclusa,

e devo dire, come molte altre nostre iniziative e progetti, con successo ed entusiasmo,

nonostante l’enorme fatica di lavorare insieme anche ai tempi del COVID. 

Continuiamo però ad essere sommersi da libri, convegni, iniziative che parlano, discutono, blaterano di alberi e natura, spesso senza alcuna base scientifica e senza alcun costrutto. Semplicemente perché l’albero è diventato di moda. Incendi, cambiamento climatico, tempeste, foreste che “evaporano” e alberi che cadono in città. Finalmente l’albero è diventato visibile. Per migliaia di anni l’abbiamo usato, utilizzato, piegato ai nostri scopi considerandolo poco meno di un oggetto. E senza neppure quasi guardarlo. Oggi molti si sono accorti che esiste. Che è presente, utile e assolutamente necessario. Ma ancora troppo pochi si sono accorti che è un essere vivente straordinario. Che ci regala ossigeno, acqua, terra, sistemi ecosistemici, bellezza, pulizia, economia e lavoro. 

Un essere vivente che ha letteralmente costruito e plasmato questo pianeta in milioni di anni per donarcelo così come per migliaia di anni lo abbiamo vissuto. 

Oggi questo incredibile essere, con le sue intere foreste è minacciato seriamente e di certo non bastano molti degli interventi di nuovi impianti sporadici ed emozionali, senza alcuna conoscenza che vengono organizzati e pubblicizzati un po' ovunque per ricostruire un mondo che va in rovina e milioni di foreste destinate a morire. Stiamo perdendo migliaia di ettari di bosco al giorno ma alcuni studiosi riferiscono che la foresta avanza. Paragonando boschi appena nati con foreste millenarie, paragonando alberi di centinaia di anni con alberelli di specie invasive a rapida crescita. Come paragonare un litro di aranciata con un buon litro di vino e dire “è pur sempre un litro” .

Stiamo perdendo decine di alberi monumentali e antichi ogni giorno. Non ci sono più giganti immensi nelle nostre pianure e nei nostri boschi. Gli esemplari più grandi hanno poco più di un secolo e spesso li troviamo nei parchi e nei giardini. I nostri boschi sono sempre più poveri di vecchi patriarchi. E sono sempre più “bassi” come altezza media. Ciò vuol dire una capacità di immagazzinamento di CO2 sempre minore a livello globale, una biodiversità sempre più limitata e un genoma sempre più povero nelle specie ancora presenti. Vuol dire avere foreste delicate e fragili, giovani e “inesperte”, poco adatte alla fatica e al lavoro (i paragoni con molta della nostra gioventù sarebbero fin troppo facili).

La perdita dei grandi vecchi e delle foreste vetuste o primarie è quindi un profondo attacco al cuore del pianeta verde in cui viviamo e a cui dobbiamo la nostra esistenza. Il depauperamento di questo grande patrimonio è un atto contro l’umanità e contro il pianeta stesso. Il non riconoscere che questi esseri hanno il diritto di vivere e che contribuiscono con la loro sola presenza alla nostra sussistenza è una ignoranza atavica e stupida che dobbiamo in fretta colmare. Proprio per questo vedo nei principi costitutivi della GTF un’intuizione esclusiva e preziosa che forse si è persa negli ultimi tempi per rincorrere le ”mode arboree”. Auspico un immediato ritorno alle origini, che magari non saranno capite dai più, ma sono necessarie per riposizionare i grandi, preziosi, vecchi e alti alberi al centro della nostra ricerca.

Come direttore scientifico della GTF mi impegnerò, assieme a tutti quelli che vorranno sostenerci, proprio per questo. 

di Andrea Maroè